1a classificata
Marilena Rimpatriato
Scrigno di silenzio
Dita di carta
Lambiscono discrete
Parole pensate e mai dette.
Vorrebbero sottrarle alla mente
Imprimerle nel tempo
Con inchiostro nero
Ma lo scudo dei miei silenzi
Custodisce i segreti
Come possente forziere.
Sparse sul tavolo
Pagine bianche
D’un diario mai scritto
Ch’eppur m‘è vivo dentro,
Un diario dai mille frammenti di tempo
Dove presente e passato
Si fondono,
Si confrontano,
S’affrontano.
Oggi è venerdì,
E mi disseto di calde lacrime
D’un desiderio
Confidato alla stella cadente d’una sera
Mai avverato.
Oh sera, dolce sera
Trapuntata di malinconia
Copri con il tuo scuro velo
L’illusione di ieri
Che ha il sapore della rosa appassita
Schiacciata dal peso d’un libro.
Pagine bianche.
Dita di carta
Vorrebbero penetrare
Lo scrigno del silenzio.
Parole senza voce
Vi muoiono dentro.
2° classificato
Pietro Bellomo
Passato
In un rovescio di vita
l’eterno rintoccare del silenzio
mostra feroci profili di impostori
le muse di un sapiente arrovellarsi.
Rotolano in un crescendo inconsistente
come foglie trascinate a mulinello
battiti solo apparentemente tutti uguali,
in ognuno un inconfondibile vibrato.
E sai soltanto che la vita è burla,
che è cosa appresa da ben altri saggi,
delle parole rigetti il senso senza esitare,
nulla comprendi appieno, nulla rifiuti,
tutto risulta atteso solo in sé,
un meccanismo che inceppa i suoi ingranaggi.
Dov‘è la strada, dove la sua fine.
La lingua da parlare è sconosciuta,
è una serie di suoni gutturali
cui ci ostiniamo a regalare un senso.
Protozoi, legami trivalenti,
nient’altro che chimiche reazioni.
Più facile sparire in un momento
e diventare la sabbia già caduta
nella metà inferiore della tua clessidra.
3a classificata
Alba Filomena Bove
Arida terra
Le ruvide mani parlano
segnate da zolle cullate da pietre
nascoste alla luce del sole.
È un dialogo eterno
tra forza e tenacia
che rende aride distese di campi.
Resiste però saldo il legame
e sconfigge di tristi stagioni
mancati raccolti.
E l’uomo continua a sperare
spaccando con le mani ogni pietra
scavando in fondo al suo cuore
cercando nel rosso il suo sangue
che scorre come linfa
a dar vita alla terra.
E accarezza con gli occhi il suo mondo
spargendone intorno l’affetto
così la natura di vivi germogli
inonda le immense campagne
con perle di vita
e il verde di giovani foglie
tenere come fanciulli
vince il rosso delle pietraie.
4a classificata
Marimilia Gastone
Sorgenti del Vara
Gioia leggera, danza.
Veste questi giorni
illuminati e tersi.
Scherza tra i raggi
del sole
questo filo di vita.
Distesa osservo
ragnatele di cielo:
rami superbi ed esili
giocano con l’azzurro.
Lontani i rumori del mondo.
Infinita gioia cattura
lampi di luce.
Gioia leggera, danza.
5a classificata
Fiorella Borin
Non so cosa resta di te
Non so cosa resta di te,
dei tuoi sedici anni.
La terra conosce il segreto
ma è in cielo, la chiave.
Io serbo il ricordo del tuo primo rossetto – l’incerto segno sulle labbra d’albicocca – e il fermaglio come una farfalla
sui capelli lunghi, bruni,
che ti rendevano speciale.
Chi ti ha potuta amare, si commuove
nel sentire la mia voce – sono le stesse note, in fondo,
su una bocca che un poco ti somiglia.
Ti somigliava, forse; ora di meno.
Tu non hai fatto in tempo
a diventare grande.
Sei ancora lì, al primo rossetto
che subito togliesti, perché ti vergognavi.
Rigiro il tuo fermaglio tra le dita
in questo giorno di stupefatta primavera
e parlo con te senza parole.
Mi vola via la sciarpa
di seta troppo lieve e brilla
come una pioggia d’oro.
È solo vento, dico,
non sei tu che ritorni.
6° classificato
Enrico Calenda
Dove il fratino appiana
S’incurva schiumando l’onda
sulla sabbiosa riva, fra le ricurve dune
che rimodella il vento, dove il fratino appiana,
muto cercando il nido, con l’uovo che l’aspetta,
dove la vita inverda e al sole poi si secca
(psicotrivello affonda nella sconfitta vita,
nel tuo vincente esistere; il senso della vita
è forse in sé, nel tuo turbato attimo,
nel mentre che t’assale,
nel fiore che sboccia e che muore.
La vita è soffrire tuo padre perduto,
è stretta la mano che ami,
voluto esistere aperto al tuo mondo,
è chiusa in se stessi angoscia,
spanto, selvaggio ardore,
struggente fervore, paziente
costruire cercando se stessi nel sé
e negli altri, nel protratto soffrire.
La vita è forse un fiore arrampicato
sul sasso, un ramarro al sole in un prato,
è attesa nel mentre che esisti e che muori
sole che esplode, macchia lunare,
cellula, sperduto errore,
sperdersi in un lungo sentiero, errare).
Piccole piante spremono
minuscoli brevi fiori, rosati e cilestrini
là sulla sabbia che al vento ripete,
sulla deserta duna,
piccole onde del mare.
7° classificato
Federico Topa
Lontano una casap=.
Cerco
nell’intimità
della luce d’una lontana finestra,
il profumo di uno sguardo di pane
ed il sorriso di una carezza di legno;
rubo qualche attimo di confidenza
da una tremolante candela di parole;
accarezzo
il precoce vagito
di un bimbo.
8° classificato
Paolo Gherardi
Lo Specchio
Guardarsi allo specchio e vedersi cambiati,
fuori diversi,
e in fondo sempre gli stessi,
bimbi in un ridente mattino di gioco,
uomini al tramonto suadente di una sera matura;
forse la storia del tempo che vola,
sentimento indeciso che tarda a sfociare,
sogno fantastico misto a realtà,
calda speranza d’una notte d’estate,
fresca rugiada che desta la foglia,
lieve sussurro,
resta in disparte,
gaio e tiepido t’abbraccia,
con amore ti consola,
ma protetto da niente in un mondo precario
sai che non c‘è inizio né fine alle lacrime di una gioia senza ragione,
e continui a cercare per non perderti mai.
9° classificato
Samuele Frasi
Per Elena
Tu, ricordo. Esile stelo
dal tempo reciso.
Vestivi di golf, jeans
e scarpette di tela.
Forse ti vergognavi a
mettere in mostra ciò
che per altre la Natura
non ha destinato.
Ma piacevi così:
libera da opinioni e dogmi.
Tu mi prendesti, e senza
accorgertene ero già caduto.
L’innocenza ci toccava
e solo la fantasia ci
mandava chissà dove!
Fanciulli in passaggio
per un’età infame.
Poi mi son perso.
Per ritrovarmi appoggiato
a una vecchia quercia
attorniato da lupi.
All’improvviso sei riapparsa
ai miei occhi. Pieni di
allegria s’abbatterono
al suolo sommersi di te.
Soave la faccia si contorse,
all’istante l’Io era col Tuo.
Il mio genio la bocca faceva
tacere e il silenzio è canto
di perdono. Ciao, fu quello
che uscì dalle tue labbra: non
destinato a me. Gli occhi
ritornarono al cielo e
il frantumo del cuore sperso là
dove la realtà è sogno. Elena
10a classificata
Giovanna De Capitani
Venezia
Merletti sorgenti dall’acqua, Regina del mare,
realtà di un sogno, musica e passione;
un tango risuona nell’ampia piazza,
volute di pizzo svettano al sole.
Il leone alato e glorioso, impera dall’alto,
tra voli di colombi, stendardi e campanili;
tra calli tortuose, come vene al cuore,
campielli solitari e case antiche
dai portoni austeri.
Palazzi superbi, dove dame e cavalieri
sfilano regali in velluti e morbide sete.
Sotto ponti e canali stupiti,
gondole nere, eleganti, trastullano il cuore.
Maschere d’oro e d’argento, sole e luna riflettono,
canti e follie, in mostra messaggi d’autore.
Bifore e trifore occhieggiano sulla laguna,
cristalli sinuosi, perle e rubini, smeraldi di luce.
Le sfingi, dal Lido, scrutano all’orizzonte
il mistero del giorno che muore,
poi rinasce col sole una nuova Venezia,
più calda e preziosa, ma ahimè, più antica.
Non affondare mia bella Signora
sotto il peso degli anni, ti prego,
il mondo ti cerca, il mondo ti vuole.
11a classificata
Viviana Rocca
Il Nido
Pagine di memoria
sotto un lampione
sfiorai
e polvere di sogno
vi trovai
che mi fece starnutire
un pensiero
di lacrime al miele di acerbe risate
tra i banchi di scuola
di fantastici sentieri
inondati di luce
e sogni di gloria
e sospiri d’amore
e specchi nei quali
crescevo insieme all’incertezza
del futuro
ma lì era un nido caldo
la mia protezione
un sorriso adulto
la mia sicurezza
il premio di tante fatiche
la lode
la punizione
tra chiacchiere e nubi di fumo
nei bagni dai muri scritti di giovinezza…
E adesso le molteplici strade lo smarrimento
e il premio un pezzo di carta sterile muto
la punizione un angolo accogliente fuori dalla porta
non più quel pezzo di carta…
E polvere di sogno tra sentieri spinosi adesso trasale.
12a classificata
Cosima Zanni
Le Torri Gemelle
Si leva in cielo una gran fumata
Sulla città che s‘è svegliata
E si ode, disperato, un pianto
È dei vicini della porta accanto.
Nessuno sa più che cosa succede
Piovono uomini sul marciapiede
Che volan leggeri come farfalle
Ma sono sassi che cadono a valle.
Una nube cala su strade e palazzi
Avvolgendo i tetti ed i terrazzi
Ricoprendo uomini, donne, ragazzi
Ed ogni cosa… è roba da pazzi!
Su ogni creatura animata piove
Neve leggera e sull’asfalto ricade
Cadono vetri, una pioggia di spade
Trafiggono chi corre nelle strade.
Come una gran colata di lava
La gente in strada si riversava
E mentre il fuoco le torri divora
Noi ci chiediamo se vivremo ancora.
Piove la polvere da quasi un’ora
La porta il vento su ogni dimora
È diventato bianco l’asfalto
Detriti lo coprono come un manto.
Erano così alte e così snelle
Di notte scintillavan come stelle
Ora c‘è rimasta solo una gran via
Dove recitare: ‘... e così sia.’